Tra conferme (sulla politica monetaria) e peggioramenti (delle tensioni geopolitiche), il 2024 si è aperto nel segno della continuità con gli ultimi mesi del 2023. I dati macro confermano una crescita asfittica per l’Italia e un’inflazione in deciso calo. Andando oltreconfine, ritorna sulle prime pagine il caso Evergrande e si intensifica la crisi del Mar Rosso, generando conseguenze tangibili sul commercio globale.
BCE, tassi fermi
La BCE ha lasciato il tasso sui rifinanziamenti al 4,50%, quello sui depositi al 4% e quello sui prestiti marginali al 4,75%. Per Francoforte si tratta della terza pausa consecutiva, dopo i dieci rialzi iniziati nel luglio 2022.
La BCE, quindi, continua a cercare un equilibrio. Da una parte, il raffreddamento dell’inflazione e le prospettive di crescita contenute hanno allontanato un’ulteriore stretta; dall’altra, si mantiene grande cautela e un atteggiamento rigoroso (anche nelle dichiarazioni pubbliche) per evitare che le attese per un imminente allentamento provochino una fiammata inflazionistica di ritorno.
L’Eurotower ha infatti certificato “la tendenza al ribasso dell'inflazione di fondo”, favorita dalle “condizioni di finanziamento restrittive”. Il Consiglio della BCE ha quindi ritenuto che i tassi attuali debbano essere “mantenuti per un periodo sufficientemente lungo” per assicurare il ritorno dell’inflazione al 2% nel medio-lungo periodo. Una posizione sostenuta anche da un’economia definita “debole ma in ripresa” dalla presidente Christine Lagarde.
Inflazione e crescita in frenata
Dall’Italia sono arrivate indicazioni coerenti con quanto osservato dalla BCE. L’inflazione rallenta, mentre la crescita si affievolisce. A dicembre, secondo i dati ISTAT pubblicati a gennaio, l’inflazione è stata di appena 0,6 punti percentuali. Una differenza notevole rispetto all’11,6% del dicembre 2022.
L’anno si è comunque chiuso con prezzi in crescita del 5,7%: è un ritmo in contrazione rispetto all’8,1% dell’annata precedente, ma ancora lontano da quel 2% cui aspirano le istituzioni europee.
La politica monetaria restrittiva si sta scaricando sullo stato dell’economia. Secondo l'OCSE, il PIL italiano chiuderà il 2024 con una crescita dello 0,7%, per poi accelerare leggermente nel 2025, con un progresso dell’1,2%. Sono quindi state confermate le stime precedenti, che ipotizzavano un lungo periodo di stagnazione.
Il ritorno degli Eurobond
In uno dei suoi primi interventi internazionali, il governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta – in carica dallo scorso novembre – ha rilanciato gli Eurobond. Intervenuto in una conferenza a Riga, in Lettonia, ha sottolineato l’urgenza di emettere bond sovrani "privi di rischio". Non sarebbero la soluzione ma un tassello importante verso un sistema finanziario più solido.
Panetta ha anche parlato di un’altra possibile novità, l’euro digitale. E anche in questo caso si è detto favorevole. La moneta, allo studio della BCE, potrebbe “semplificare la vita dei cittadini europei” e offrirebbe “opportunità a livello internazionale qualora fosse reso disponibile al di fuori dell'area dell'euro o impiegato per pagamenti in valuta".
La crisi del Mar Rosso
I timori emersi alla fine del 2023 si sono in buona parte concretizzati nel nuovo anno. Il conflitto israelo-palestinese sta avendo importanti ripercussioni geopolitiche, con il Mar Rosso al centro.
Le navi commerciali che attraversano lo Stretto di Bab el-Mandeb, punto di passaggio essenziale verso il Canale di Suez, continuano a essere bersaglio delle milizie yemenite degli Houthi. Gli attacchi di Stati Uniti e Gran Bretagna non hanno sortito effetti e quindi sempre più navi stanno scegliendo di circumnavigare l’Africa per evitare Suez. Risultato: costi di trasporto che lievitano e ritardi nelle consegne.
Secondo una stima di Confartigianato, questa manovra è già costata - solo alle imprese italiane - 95 milioni di euro al giorno, per un totale di 8,8 miliardi tra novembre 2023 e gennaio 2024: 3,3 miliardi dovuti a esportazioni mancate o ritardate e 5,5 miliardi per il mancato approvvigionamento di prodotti manifatturieri.
Il quadro è poi complicato da una scelta precisa degli Houthi. I ribelli hanno dichiarato che lasceranno spazio alle navi di Cina e Russia (sostenitrici dell’Iran, che supporta le milizie yemenite). Pechino e Mosca potrebbero quindi acquisire un importante vantaggio competitivo.
Evergrande in liquidazione
Era atteso ma ha fatto comunque rumore: il tribunale di Hong Kong ha disposto la liquidazione di Evergrande, gigante cinese dell’immobiliare. Gli attuali vertici del colosso di Shenzhen hanno criticato la decisione, affermando di aver fatto tutto quanto fosse necessario per salvare il gruppo.
Evergrande, gravato da debiti per 330 miliardi di dollari, ha ancora la possibilità di fare appello, ma la strada sembra ormai segnata. I rischi sistemici sono enormi, visto il peso specifico della società. Al momento dell’annuncio, però, le borse asiatiche non hanno reagito in modo scomposto, in parte perché la notizia era nell’aria, ma soprattutto perché le autorità cinesi hanno già promesso misure per sostenere i mercati ed evitare crolli. Tra le altre cose, è già partito il divieto di vendite allo scoperto, un tampone che non veniva attivato dal 2015.