Anche il mondo finanziario, così come molti altri settori economici, è stato investito da qualche anno dalla passione per l’innovazione. Ed è un bene che sia così. Uno dei percorsi di sviluppo più interessanti è l’applicazione del modello di Open Innovation alla finanza, che viene definito “Open Finance”.
L’evoluzione dell’Open Banking
Il settore finanziario, grazie alla nuova Direttiva sui Servizi di Pagamento PSD2, ha ampliato il suo spettro di influenza anche a soggetti esterni alle banche, come startup, aziende tech, centri di ricerca, ma anche società di altri settori come per esempio l’automotive e l’energy.
E a questo proposito sentiamo parlare già da qualche anno di Open Banking. Il concetto di Open Finance, invece, si spinge più in là, perché supera il solo sistema bancario e si estende a molti altri settori, con l’obiettivo di individuare potenzialità di business nell’ecosistema esterno alle aziende. Una nuova impronta non solo per manager o dipendenti, che possono partecipare a call for ideas interne, lavorare con incubatori di startup e per acquisizioni, ma che è arrivata fino al tavolo dei consigli di amministrazione, vista l’importanza per il futuro sviluppo dei business.
I vantaggi dell’ecosistema dell’Open Finance
Il modello più ampio dell’Open Finance ha trovato un assist fondamentale dalla PSD2, dicevamo, perché obbliga le banche a rendere disponibili le proprie API e quindi a mettere in condivisione i dati dei clienti, ovviamente con il loro consenso, con quelle che vengono definite terze parti (in gergo TTP, ovvero Third Party Providers). E queste terze parti sono, appunto, i soggetti non finanziari che popolano il mondo dell’Open Finance, che possono quindi utilizzare le informazioni delle banche per migliorare la customer experience dei clienti anche nei propri settori di riferimento. Non solo, con questo meccanismo si stimola un’innovazione continua nel mercato, perché permette di aumentare la concorrenza anche al di fuori dell’universo finance secondo regole precise e condivise.
Infatti, l’Osservatorio Fintech & Insurtech del Politecnico di Milano ha già individuato compagnie di 12 settori diversi da quello bancario che forniscono tutti i servizi finanziari (quindi non solamente quelli erogati dalle banche) ai propri clienti: parliamo di aziende Tech, Utilities, Retail, Sport e Travel e in questo senso un esempio ci arriva dalla collaborazione tra il gruppo fintech svedese Tink e il gruppo Enel: Tink ha lanciato e messo a disposizione una piattaforma di Open Banking per utilizzare al meglio i dati finanziari nell’ottica di offrire migliori servizi e Enel si è appoggiata a questa piattaforma per lanciare Enel X Financial Services, un istituto di moneta elettronica offrire per soluzioni di pagamento e consigli basati sull’Intelligenza Artificiali a clienti privati e imprese.
I rischi e le sfide
Come tutte le innovazioni, anche l’Open Finance non è esente da rischi. Innanzitutto, la sinergia tecnologica, tutta da sviluppare, per consentire alle piattaforme di diversi soggetti di collaborare e di avere protocolli in comune. E in questo senso il focus più delicato è quello legato alla sicurezza dei dati informatici, perché una maggiore circolazione di informazioni sensibili significa anche maggiori rischi di attacchi hacker e data breach. Servono quindi competenze di altissimo livello e budget importanti per agire in sicurezza.
C’è poi il tema della collaborazione tra diversi soggetti anche dal punto di vista progettuale e normativo: più sono gli attori coinvolti e più complicata diventa la gestione di questi progetti complessi, ma anche l’allineamento di tutti a rigide regole e direttive. Se ci fosse anche solo un anello debole, sarebbe a rischio tutta la catena sia in termini reputazionali, sia economici. Ecco perché bisogna continuare a lavorare tutti insieme perché rimanga una grande opportunità e non si trasformi in una grande occasione persa.