Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) è un pacchetto di investimenti e riforme. È alimentato da fondi dell’Unione Europea per 191,5 miliardi di euro, divisi tra sovvenzioni a fondo perduto (per 68,9 miliardi) e prestiti (per 122,6 miliardi) concessi a condizioni più favorevoli rispetto a quelle di mercato.
Come spiega il sito ufficiale dei PNRR, la Commissione UE ha anticipato il 13% dell’ammontare totale, il resto verrà erogato solo al raggiungimento di obiettivi specifici, scanditi da tempi precisi. In altre parole: in caso di scarsa efficienza nell’utilizzo dei fondi, le risorse andrebbero – di fatto – perse.
Oltre ai fondi europei, il Piano è integrato con 13 miliardi di euro del programma REACT-EU (lo strumento creato per ammortizzare l’impatto della pandemia) e con 30,6 miliardi di euro di risorse nazionali. Nel complesso, quindi, la dotazione è di 235,1 miliardi.
Cosa stabilisce il PNRR?
Il PNRR è composto da 6 Missioni, ognuna divisa in Componenti che fissano obiettivi via via più stringenti. La Missione con la dotazione più sostanziosa è la seconda, con poco meno di 70 miliardi di euro dedicati a “Rivoluzione verde e transizione ecologica”. Sfiora i 50 miliardi la dotazione della prima Missione, che include “Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo”. Seguono i 33,8 miliardi per “Istruzione e ricerca”, i 31,5 miliardi per “Infrastrutture e mobilità sostenibile”, i 29,8 miliardi per “Inclusione e coesione” e i 20,2 miliardi dedicati alla “Salute”.
A che punto siamo?
Secondo un report della Corte dei conti, se si escludono Ecobonus e Sismabonus, alla fine del 2022 l’Italia aveva impiegato appena il 6% dei fondi. Alcune Missioni stanno procedendo in modo più spedito: gli impieghi per le infrastrutture hanno raggiunto il 16,4%. Le altre avanzano a un ritmo ancora più lento della media. Le Missioni dedicate a “Inclusione e coesione” e “Salute”, in particolare, hanno sfruttato rispettivamente l’1,2% e lo 0,5% dei fondi.
Si tratta di dati relativi alla fine dello scorso anno, ma nel 2023 le cose non sono migliorate: includendo anche i primi quattro mesi del 2023, gli impieghi complessivi hanno raggiunto il 6,4%. Tra gennaio e aprile, sono stati impiegati 1,2 miliardi di euro. Per rispettare la tabella di marcia prevista, entro dicembre dovrebbero essere impiegati 34 miliardi di euro. Insomma, l’Italia è in ritardo.
Oltre a rischiare di sprecare risorse disponibili, un’erogazione inefficiente rischia di pesare sul Prodotto Interno Lordo. La Corte dei conti stima, infatti, che un PNRR a pieno regime permetterebbe di triplicare il ritmo di crescita, dallo 0,4% all’1,2%.
I prossimi mesi per accelerare
Con l’intenzione di sveltire le procedure, il governo ha approvato un provvedimento che rivede il ruolo della Corte dei conti. Il suo controllo contabile sul PNRR non sarà più “concomitante” ma successivo. In altre parole: le eventuali irregolarità verranno accertate a posteriori. La decisione ha innescato la tensione istituzionale tra i giudici contabili e l’Esecutivo. Il presidente della Corte, Guido Carlino, si è detto in disaccordo perché il controllo concomitante della gestione “ha un valore propulsivo”. Cioè, in altre parole: non rallenterebbe l’impiego dei fondi ma, al contrario, “tende ad accelerare i tempi dell’azione”.
Il ministro per gli Affari Europei, il Sud, le Politiche di Coesione e il PNRR, Raffaele Fitto, si è detto “convinto” che l’Italia riuscirà a recuperare il ritardo accumulato fino a ora: “nel giro di due o tre mesi potremo avere un quadro organico di riferimento per poter cambiare la fase di attuazione in modo che si possa non solo risolvere i nodi organizzativi dei programmi, ma anche mettere in campo una nuova strategia”.
Il Commissario UE al Bilancio, Johannes Hahn, ha però frenato, facendo capire in modo chiaro qual è la linea europea: pur senza escludere possibili ritocchi, la prima scelta resta il rispetto di quanto già previsto: “Il mio punto – ha riportato l’ANSA dopo un incontro con la stampa del 18 luglio - è sempre quello di concentrarsi sull'attuazione e non impegnarsi troppo in una revisione completa del Piano, che è stato redatto, negoziato, formalmente discusso e concordato. Più ci si distrae dall'attenzione all'implementazione, ha dichiarato, maggiore è il rischio di perdere fondi”.