Si chiama biohacking ma si può leggere in molti modi diversi. È un concetto ampio che può coprire una vasta gamma di attività, dagli esperimenti scientifici fai-da-te alle tecnologie che mirano a migliorare le performance umane, fisiche e cerebrali, fino alle modifiche sul DNA. Seguendo una regola: “Se possiamo trasformare le macchine e renderle perfette, possiamo farlo anche con la vita biologica”.
Una comunità che segue la filosofia open source
La comunità dei biohacker è partita con l’idea di estendere alla biologia l’etica hacker. Una delle branche più sviluppate di biohacking è nata agli inizi degli Anni 2000 ed è chiamata Do It Yourself Biology (DIYBio), biologia fai-da-te: un forma aperta di biohacking, che mette a disposizione le informazioni al di fuori delle classiche istituzioni scientifiche.
Come accade per la produzione di software open source, gli esperti di questo settore si considerano degli insegnanti che condividono le modalità e i risultati dei propri esperimenti.
Il movimento dei Grinder
Un capitolo del biohacking che possiamo considerare un sottoinsieme della DIYBio riguarda i Grinder, le persone che lavorano per impiantare diversi device nel proprio corpo, oppure modificarlo chimicamente, per migliorarne le prestazioni. Si tratta di tecniche e tecnologie ancora rischiose che in pochi applicano, concependo il proprio corpo come un hardware da migliorare, se vogliamo restare nella metafora rispetto al mondo degli hacker.
I 10 anni della tecnologia CRISPR
In molti hanno puntato sulla tecnologia CRISPR (acronimo di Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats), che permette di modificare in maniera molto precisa il DNA di cellule viventi per migliorare le performance. È nel gennaio 2013 che il mondo ha scoperto la possibilità di tagliare e cucire il DNA, una rivoluzione di ingegneria genetica che ha permesso di aprire una nuova era nella cura di malattie genetiche, tumori e infezioni. In un settore a così alto tasso di innovazione 10 anni non sono nulla, ma il lavoro dei ricercatori ha già permesso di sperimentare con soddisfazione terapie contro l’anemia falciforme, la beta-talassemia, l'ipercolesterolemia familiare, molti tumori e l’HIV.
Nutrigenomica: cos’è e a cosa serve?
Altra freccia nell’arco del biohacking è la nutrigenomica, che ha l’obiettivo di studiare l’interazione tra il corpo e diverse categorie di stimoli come, ad esempio, l’alimentazione, il sonno, l’attività fisica, lo stress, la concentrazione mentale. Attraverso dei trattamenti o delle alterazioni che riguardano quindi come e cosa mangiamo, le nostre abitudini di sonno, di esercizio fisico, di affrontare lo stress e di immagazzinare impulsi come suono e luce, la nutrigenomica intende approfondire i risultati positivi sul nostro corpo per poter evolvere e vivere meglio.