Cos'è la finanza comportamentale?
Nelle scelte di investimento, non conta solo la razionalità. Psicologia ed emozioni hanno un ruolo chiave per determinare le decisioni economiche e finanziarie. Su questo assunto si basa la finanza comportamentale, che studia proprio gli effetti dei fattori non razionali sulle scelte di investimento e sui mercati.
Si parla per la prima volta di finanza comportamentale già verso la fine del ‘700 con Adam Smith, ma è soprattutto negli ultimi decenni che si sono accumulati studi e pubblicazioni, con il contributo di diverse scuole di pensiero.
L’obiettivo è comprendere i comportamenti dei mercati finanziari in relazione agli schemi di comportamento della società e del singolo individuo. In particolare, le persone sono influenzate da diverse variabili, tra cui le esperienze passate, il contesto, le proprie convinzioni e il formato di presentazione delle informazioni. Tutti questi fattori guidano, nel bene e nel male, l’andamento dell’economia.
Emozioni e scelte
Emozioni come la paura, l’avidità o l’orgoglio possono incidere sulle decisioni degli investitori. Soprattutto nelle fasi più concitate delle contrattazioni, esse possono portare a scelte irrazionali. In questi frangenti, le esperienze passate e il ricordo di scelte sbagliate possono influenzare anche le strategie future.
La comunicazione delle informazioni
Spesso, a influenzare le scelte di investimento può contribuire anche il modo in cui le informazioni sono state presentate alla persona che deve prendere la decisione finale. Non si tratta solo di chiarezza dell’informazione, ma anche di sfumature e di toni che possono andare a influenzare il percepito dell’investitore.
I bias cognitivi
La mente ragiona tendenzialmente in modo razionale, ma può comunque incappare in alcuni bias cognitivi. Tra i più comuni ci sono: l’eccessiva sicurezza o l’eccessivo ottimismo, l’illusione di avere il controllo su fenomeni che in realtà sono incontrollabili, la convinzione di voler mantenere lo status quo perché in realtà non si è in grado di affrontare un cambiamento strategico.
Un bias che viene spesso messo in atto è quello di basare le proprie decisioni su convinzioni che derivano da esperienze passate, con l’illusione che anche in situazioni molto diverse si possa ottenere lo stesso risultato.
Nel prendere decisioni, oltre a guardare al passato in cerca di soluzioni, si guarda a chi ci circonda. È il cosiddetto effetto-gregge: se la maggior parte degli operatori prende una decisione in una direzione, l’investitore tende a sentirsi più giustificato a prendere la stessa decisione.
Inefficienze di mercato
Non è solo l’individuo che si muove in modo irrazionale. Può capitare che i mercati si muovano in modo irrazionale e soprattutto in modo inefficiente. Dalle errate valutazioni dei prezzi alle anomalie sui ritorni degli investimenti, l’intera comunità economico-finanziaria può avere comportamenti irregolari.
Perdite vs guadagni
L’avversione alle perdite è un fattore centrale nonché uno dei bias più diffusi. Questa avversione è così forte che una perdita, secondo alcune teorie, pesa 2,5 volte più di un guadagno della stessa entità nella storia e nelle scelte di un investitore.
Inoltre, una perdita può anche spingere l’investitore in due direzioni opposte. In alcuni casi potrebbe portarlo a rischiare per tornare velocemente a guadagnare in una sorta di gioco d’azzardo. Il problema è che spesso si finisce così per peggiorare le perdite, perché si investe in maniera irrazionale, spinti solo dalla voglia di mettersi in pari. In altri casi, può spingere chi si trova in una situazione in perdita a mantenere inalterata la situazione per timore di incappare in perdite più ingenti.