I primi sono stati creati in Germania a metà Ottocento, ma erano riservati ai giochi dei bambini. Oggi, invece, gli orti urbani sono diventati una presenza consolidata nelle nostre città, anche in Italia. Sono apprezzati e frequentati dai cittadini giovani e meno giovani che si organizzano per prendere in carica un terreno e coltivarlo, soprattutto dopo l’esperienza della pandemia.
Orti urbani: i numeri
Secondo i dati Istat, negli ultimi cinque anni gli orti urbani messi a disposizione dagli enti locali nelle città hanno registrato una crescita di oltre il 18%, superando i 2,1 milioni di metri quadrati urbani occupati.
Coldiretti ha calcolato che sono 1,2 i milioni gli italiani che oggi coltivano un orto urbano, circa 4 su 10, pari al 44%. In testa alle regioni più virtuose c’è l’Emilia-Romagna, seguita da Lombardia, Toscana, Veneto e Piemonte.
Le motivazioni sono varie: sia pratiche, legate all’incertezza economica generata dalla crisi COVID-19; sia meno pratiche, ovvero il piacere riscoperto di trascorrere più tempo in mezzo alla natura e all’aria aperta dopo mesi di restrizioni.
Come funzionano gli orti cittadini
In ogni comune esistono terreni inutilizzati o abbandonati. Le amministrazioni comunali, grazie agli orti urbani, danno una seconda vita a queste aree, unendo la finalità del decoro urbano con quella della sostenibilità ambientale grazie alla presenza di maggiore verde nei contesti urbani.
Le modalità con cui gli orti urbani vengono affidati ai cittadini sono diverse a seconda dei comuni. C’è chi pubblica bandi per le assegnazioni e chi li si assegna direttamente di solito a fronte del pagamento di un canone minimo annuale, che può variare anche in base al reddito e all’età. Le persone che prendono in carico il terreno lo curano e lo coltivano, tenendo per sé i prodotti agricoli che ne derivano.
E oltre ai classici orti urbani affidati ai singoli cittadini, esistono poi anche gli orti aziendali messi a disposizione dai datori di lavoro per i dipendenti, e gli orti didattici delle scuole gestiti da insegnanti e studenti.
I benefici degli orti urbani
L’agricoltura urbana in primis rappresenta una soluzione per riqualificare le aree degradate delle città. Permette inoltre di tutelare la biodiversità agricola, favorendo la filiera corta e riducendo le emissioni. Senza dimenticare che la maggiore presenza di verde migliora il microclima dei contesti cittadini.
C’è poi anche un risvolto sociale. Spesso questi spazi sono gestiti in condivisione tra vicini di casa o da associazioni impegnate nella coesione della comunità locale e di quartiere favorendo così la socialità, anche con l’inclusione e il coinvolgimento di fasce della popolazione più vulnerabili che altrimenti rimarrebbero ai margini.
Non solo. Secondo la ricerca “The Hidden Potential of Hurban Horticulture”, condotta nel 2020 dall’Insitute for Sustainable Food dell’Università di Sheffield e pubblicata su Nature Food, gli orti urbani potrebbero diventare anche una fonte di autosufficienza alimentare per le città. Partendo dal caso della città inglese di Sheffield, i ricercatori hanno infatti calcolato che il 45% della superficie comunale potrebbe essere adeguata alla presenza di orti urbani. Se quindi quasi la metà del territorio cittadino fosse coltivato, dicono, si potrebbe produrre frutta e verdura a sufficienza per nutrire oltre 700mila persone.