I ricercatori dell’Università di Oxford hanno voluto analizzare il tema del cambiamento climatico a partire da 9 aree di interesse per tutti noi. Si tratta di 9 domande (e risposte) su fatti noti o meno noti.
1. Il cambiamento climatico non esiste
Molti detrattori del climate change sostengono che il nostro Pianeta non stia diventando più caldo, ma si tratti semplicemente di aggiustamenti dei dati o di scostamenti normali. In realtà, sostiene il team di ricerca di Oxford elaborando i dati della Nasa, tra il 1880 e oggi la temperatura media di terre e oceani è salita di oltre 1,2 gradi centigradi. È vero che ci sono delle fluttuazioni anno su anno, ma l’andamento climatico in senso ampio va calcolato su una media trentennale, non di meno.
2. Il riscaldamento globale sarà molto modesto
Secondo Climate Action Tracker, se manterremo le attuali emissioni inquinanti, le temperature globali saliranno da un minimo di 2,1 gradi a un massimo di 3,9 gradi entro il 2100. Limitare questo riscaldamento a meno di 1,5 gradi è possibile, ma dipenderà dalle scelte dei governi: se abbandoneranno in fretta l’attuale sistema di consumi di fonti fossili sarà possibile, anche se difficile.
3. Il cambiamento climatico non è causato dagli esseri umani
Il clima della Terra è sempre cambiato, basta tenere a mente che negli ultimi 50 milioni di anni si è trovata in un trend di raffreddamento a lungo termine. Le temperature sono in evoluzione a causa di dinamiche geofisiche, come l’orbita e l’inclinazione, ma sono tutti cambiamenti molto più lenti di quelli che abbiamo osservato negli ultimi 200 anni. Dal punto di vista storico la crescita del riscaldamento globale post rivoluzione industriale non ha precedenti.
4. Il cambiamento climatico porta benefici
“Più anidride carbonica significa un pianeta più verde e alberi che crescono meglio” notano alcuni negazionisti del climate change. In realtà, le ricerche di Schleussner, Lobell, Bélanger, Pilling e altri dimostrano che il cambiamento climatico ha sempre avuto impatti negativi sulla resa dei raccolti. Questo perché da un lato il calore e l’acqua stressano i campi e dall’altra la biodiversità diminuisce. Se guardiamo a riso, soia, mais e grano gli studiosi hanno calcolato che per ogni grado in più, i raccolti netti perdono circa il 7%.
5. I danni del cambiamento climatico saranno pochi
È possibile che gli impatti economici del climate change sul PIL siano minori, ma è altrettanto possibile che siano altamente dannosi se pensiamo alle prospettive di catastrofi naturali, che negli ultimi anni si sono intensificate. Per esempio, proteggere le coste con argini e dighe avrà un costo di mantenimento annuale che varierà tra i 12 e i 71 miliardi di dollari entro il 2100 secondo gli studi di Hinkel e altri. Nel breve termine assistiamo invece agli impatti dell’inquinamento dell’aria, che uccide circa 5,5 milioni di persone ed è causata principalmente dalle fonti fossili. Negli USA muoiono circa 200 mila persone ogni anno e Caiazzo ha calcolato che ciò comporta una perdita economica di 250 miliardi ogni 12 mesi.
6. L'essere umano saprà adattarsi
È la nostra storia a dire che siamo in grado di adattarci quasi a ogni condizione climatica. Ma rimangono ancora sconosciuti i potenziali effetti degli interventi di geoingegneria (come per esempio, spruzzare solfuro nell’atmosfera) per ridurre l’impatto del global warming. Effetti collaterali come l’aumento della frequenza dei cicloni tropicali, oltre a pesanti ripercussioni geopolitiche, sono considerati possibili da numerosi scienziati. E non abbiamo idea di come possiamo reagire.
7. Ridurre le emissioni non serve
Se guardiamo all’orizzonte temporale della vita di un essere umano è un’affermazione corretta. Secondo gli scienziati, il 75% delle emissioni di CO2 che raggiunge l’atmosfera rimarrà per circa 300 anni e fino al 25% può rimanere fino a 10mila anni. Per questo motivo, ridurre le emissioni è utile sul lungo periodo per non fare riscaldare ulteriormente la Terra, ma serve tagliarle praticamente a zero perché l’impatto sia duraturo.
8. Ridurre le emissioni ha un costo molto alto
Questa analisi poteva essere vera qualche decina di anni fa, ma non ora. Dal 2009 a oggi i costi degli impianti a pannelli fotovoltaici sono crollati dell’89% e quelli eolici del 70%. Quindi costruire impianti di energia rinnovabile, grazie alla spinta dell’innovazione tecnologica, è più economico che puntare sulle fonti fossili, anche senza tenere conto di sussidi e incentivi statali. Lazard nel 2019 ha calcolato che eolico e solare costano rispettivamente 28 e 32 dollari a MWh, contro i 66 dollari del carbone e i 44 dollari degli impianti a gas a ciclo combinato.
9. Gli altri Paesi non stanno facendo la propria parte
Sono 197 i Paesi che hanno firmato gli accordi di Parigi per mettere in campo azioni per limitare il riscaldamento globale e nel 2020 189 Governi hanno ratificato l’accordo. Anche gli Stati Uniti, usciti dall’accordo con Trump, sono rientrati grazie al neo Presidente Joe Biden che nel suo primo giorno alla Casa Bianca ha firmato il provvedimento per il rientro. È comunque vero che molti Paesi dovrebbero e potrebbero fare di più, ma i dati ci dicono che dal 2016 gli investimenti nelle energie rinnovabili sono stati superiori a quelli in fonti fossili. Nel 2018 gli investimenti in energia pulita hanno superato i 300 miliardi di dollari per il quinto anno di fila ed è stata installata la cifra record di pannelli fotovoltaici per un totale di 100 GW.