La Banca Centrale Europea (BCE), per contrastare l’inflazione galoppante causata dalla crisi energetica, dalla guerra in Ucraina, dall’incertezza diffusa e dal rallentamento della crescita economica globale, ha aumentato a dicembre i tre tassi di interesse di riferimento di 50 punti base. Una mossa analoga a quella di luglio 2022 e che ha fatto seguito ai due rialzi più consistenti di settembre e ottobre, entrambi da 75 punti base. Si preannunciano già altri aumenti per limitare la crescita dei prezzi sul territorio europeo. Non dimentichiamo, infatti, che l’obiettivo principe dell’istituto guidato da Christine Lagarde è mantenere un livello di inflazione vicino al 2%, mentre nel 2022 ha raggiunto una media dell’8,1% e le stime per il 2023 parlano di un +6,3% medio. Ancora decisamente troppo.
Come le Banche centrali combattono l’inflazione: la politica monetaria
Il principale mandato della BCE, come si può leggere sul sito ufficiale, “è mantenere stabili i prezzi. Per ottenere questo risultato facciamo in modo che l’inflazione resti bassa, stabile e prevedibile”. Per farlo, l’arma principale è la politica monetaria, che può essere accomodante o restrittiva, a seconda dei livelli di inflazione e degli obiettivi da raggiungere. I tassi di interesse sono lo strumento con cui la politica monetaria viene attuata, perché sono il misuratore del costo del denaro dato in prestito e/o delle rendite dei propri investimenti. In risposta a un rialzo dei tassi di interesse, quindi, la principale conseguenza è l’aumento dei tassi su mutui e finanziamenti, ma anche dei rendimenti sugli investimenti (e quindi anche dei depositi in banca), così che molti risparmiatori trovano più conveniente tenere bloccata la propria liquidità.
L’effetto a cascata di un aumento dei tassi di interesse, e dunque di un costo della liquidità più alto, porta ad avere una minor circolazione di denaro e quindi minori consumi da parte di famiglie e imprese, che dovrebbe a loro volta innescare una diminuzione dell’inflazione.
Inflazione e obbligazionario
Ma perché le obbligazioni diventano appetibili quando la BCE, o un’altra Banca Centrale, aumenta i tassi di interesse per frenare la corsa dei prezzi? Quando i prezzi aumentano, le obbligazioni già in circolazione soffrono per due motivi. Le obbligazioni, in genere, danno una rendita fissa a chi le acquista e, se beni e servizi costano sempre di più, significa che, a parità di condizioni, il potere d’acquisto generato da questa rendita si riduce progressivamente.
In secondo luogo, un aumento dei tassi di interesse porta a una riduzione del prezzo dell’obbligazione. Questo succede perché, per rimanere competitiva sul mercato, di fronte a obbligazioni di nuova emissione che rendono di più (per via del rialzo dei tassi), il prezzo delle obbligazioni già in circolazione deve ridursi. Detto in altri termini: ciò che di meno ti rende un’obbligazione emessa prima del rialzo dei tassi viene compensato con uno "sconto" sul prezzo.
Aggiungiamo poi un altro elemento: la minore propensione al rischio degli investitori durante una fase di politica monetaria restrittiva: se i rendimenti delle attività più sicure aumentano, gli investitori preferiranno evitare il mercato azionario più rischioso per affidarsi al mercato obbligazionario.
Le obbligazioni che non temono l’inflazione: un esempio
Proviamo a capirlo meglio con un esempio. Oggi posso acquistare un pacchetto di azioni che mi aspetto rendano tra un anno intorno al 5%: quindi, se investo 100 euro e le mie attese di realizzano, dopo un anno mi attendo di riceverne 105. Se però abbiamo un’inflazione come quella del 2022 all’8%, ciò significa che il potere d’acquisto che ricavo dalle mie azioni corrisponderà a una perdita del 3% e non a un guadagno del 5%. La perdita corrisponderebbe d’altra parte all’8% se avessi deciso di non investire affatto, lasciando la liquidità ferma sul conto.
Tuttavia, posso anche scegliere di evitare le azioni e acquistare obbligazioni a tasso variabile, che offrono cedole che si muovono in linea con i tassi di interesse e che quindi si modificano sulla base delle decisioni della Banca centrale di riferimento (o meglio, dell’indice di riferimento). Oppure posso decidere di comprare un’obbligazione indicizzata all’inflazione, che mi protegge dall’aumento dei prezzi perché il capitale iniziale che investo e gli interessi sono indicizzati ai cambi dell’indice CPI (Consumer Price Index).