Il mondo degli investimenti ha fama di essere tutto numeri, analisi e razionalità. Non è così. Le decisioni, infatti, non rispondono quasi mai solo all’efficienza del mercato. Come ha dimostrato la finanza comportamentale, che indaga il ruolo della psicologia nelle scelte economiche, siamo influenzati - in modo più o meno marcato - da emotività e distorsioni cognitive (dette bias). Una delle più famose è l’effetto gregge.
Cos’è l’effetto gregge?
L’effetto gregge è la tendenza a seguire il comportamento della maggioranza, senza tenere conto delle proprie esigenze e dei propri obiettivi.
Alla base di questo meccanismo c’è, come in tutti i bias, l’obiettivo di un “risparmio cognitivo”. Analizzare tutte le variabili di uno scenario è sempre faticoso, oltre che – in alcuni casi – impossibile. Richiede impegno e competenze. Ecco allora emergere la tendenza a semplificare, a utilizzare stereotipi o preconcetti, a farsi trascinare dall’emotività.
Nel caso dell’effetto gregge, poi, subentra un altro fattore, che alleggerisce il peso cognitivo ed emotivo di una scelta: in caso di errori, seguire la maggioranza ridurrebbe l’insoddisfazione; al contrario, prendere decisioni in modo isolato rischierebbe di moltiplicare i rimpianti.
Un esempio nella quotidianità
Il fenomeno interessa diversi ambiti. Ad esempio, pensiamo a due bar, uno accanto all’altro: uno deserto e l’altro con un discreto viavai. Con ogni probabilità si opterà per entrare nel secondo, poiché la presenza di più persone suggerisce una maggiore qualità. In questo caso, la scelta non è guidata dall’analisi o dalla conoscenza (non sappiamo se lì il caffè è più buono o se i prezzi sono più bassi) ma, appunto, dall’effetto gregge.
Greggi, investimenti e risparmi
In ambito finanziario, la tendenza a seguire la maggioranza può creare problemi ben maggiori di un caffè scadente, sia per il singolo investitore, sia a livello sistemico. L’esempio più classico è quello delle bolle, che si gonfiano e scoppiano anche a causa dell’effetto gregge.
Nella prima fase, quella in cui la bolla si espande, l’entusiasmo e il flusso di capitali incentivano gli investitori ad accorrere. Si segue la maggioranza, anche per la cosiddetta FOMO (Fear Of Missing Out), la paura di perdere un’occasione. Un meccanismo simile, alimentato però dal panico, contribuisce allo scoppio. La caduta repentina dei prezzi è infatti resa ancor più profonda dall’ondata di vendite: se da una parte c’è una razionale volontà individuale di limitare le perdite, dall’altra si tende ad assecondare la paura collettiva del gregge. Tutti vendono, lo faccio anche io.
In alcuni casi, il contagio, cioè la reazione a un problema, arriva a produrre più danni del problema stesso. Pensiamo ad esempio alle crisi bancarie (come quella del 2008) o a quelle del debito pubblico. Quando si diffonde la notizia, più o meno attendibile, di un fallimento, i clienti tendono a prelevare liquidità per paura di perdere i propri risparmi. Non solo dagli istituti in difficoltà ma anche dagli altri. In questo modo, però, il gregge mette sotto pressione l’intero sistema, incapace di garantire un’erogazione istantanea di contanti così massiccia. I movimenti della maggioranza portano così alla profezia che si auto-avvera: in sostanza, il timore di un evento negativo spinge a comportamenti che - di fatto - ne favoriscono la concretizzazione. Ecco perché l’effetto gregge, pur essendo una distorsione cognitiva dei singoli investitori, può rappresentare un fattore negli equilibri di mercato.