Le opzioni fanno parte di quella categoria di strumenti finanziari chiamati derivati, ovvero strumenti il cui valore è legato al prezzo di un asset sottostante. Questo asset sottostante può essere reale, come una materia prima, o finanziario, come un’azione, un’obbligazione o un indice.
Le opzioni possono essere usate per ottenere un guadagno oppure per ridurre il rischio e “coprirsi” da eventi sfavorevoli. In ogni caso, sono strumenti complessi, che quindi è bene conoscere.
Come funzionano le opzioni?
Le opzioni funzionano come contratti che attribuiscono al compratore il diritto di acquistare o vendere, in cambio del pagamento di un premio, una determinata quantità dell’attività sottostante a una certa data e a un certo prezzo fissato precedentemente. Si tratta di un’opzione, ma non un obbligo: quindi si può scegliere se esercitare o meno il diritto precedentemente acquisito.
Prendiamo per esempio un investitore che decide di comprare un’opzione che ha come sottostante le azioni della società A. Quando la acquista, l’investitore paga un premio che gli dà il diritto di comprare o vendere l’attività sottostante in una certa data a un determinato prezzo, detto prezzo d’esercizio o strike price.
La logica delle opzioni somiglia a quella delle assicurazioni. Paghiamo un premio in modo che se si verifica un certo evento, come un incidente d’auto, abbiamo un indennizzo.
Nel caso delle opzioni, l’evento è un movimento di prezzo al rialzo o al ribasso. Quando si compra un’opzione, l’investitore ha la possibilità di comprare oppure vendere un certo bene sottostante, il cui prezzo può essere rimasto invariato, cresciuto o diminuito.
Opzioni call e put
A seconda che si contratti di acquistare o vendere l’attività sottostante, si distingue tra opzioni call e opzioni put.
L’opzione call garantisce al sottoscrittore il diritto di comprare l’attività sottostante. Alla scadenza, esercitare il diritto d’acquisto ha senso se in quel momento il prezzo del sottostante sarà superiore al prezzo stabilito al momento del contratto. Chi sottoscrive un’opzione call si aspetta quindi un rialzo del sottostante.
Torniamo all’esempio della società A: compriamo un’opzione della società A con un prezzo strike a 100 dollari con scadenza a 60 giorni, pagando un premio di 3 dollari. Dopo 60 giorni, quando l’opzione sarà scaduta, avremo il diritto di comprare, ad esempio, cento azioni della società A a 100 dollari ad azione, qualsiasi sia il loro prezzo. Questo significa che se il prezzo delle azioni A sarà sotto i 100 dollari, non avrà senso esercitare il diritto di opzione. In questo caso, quindi, il premio andrà interamente perso. Se invece le azioni, dopo 60 giorni, valgono 200 dollari, 100 dollari in più del prezzo strike, potremo acquistare cento azioni ma a un prezzo “scontato”.
L’opzione put garantisce invece al possessore il diritto di vendere a scadenza il sottostante a un determinato prezzo stabilito. In questo caso, l’esercizio del diritto avrà senso se il prezzo del sottostante sarà più basso del prezzo da contratto. L’opzione put viene scelta quindi da chi si aspetta un ribasso del valore del sottostante.
Torniamo all’esempio di prima, ma questa volta compriamo un’opzione put di A, sempre a un prezzo strike di 100 dollari, a 60 giorni, con un premio di 3 dollari. Abbiamo quindi il diritto di vendere dopo 60 giorni le cento azioni di A a 100 dollari l’una. Se l’azione a scadenza avrà un prezzo di 90 dollari, potremo comunque venderle a 100 dollari, guadagnando così la differenza. Se invece a scadenza il prezzo è più alto dei 100 dollari del prezzo strike, quella opzione non ha senso di essere esercitata.
Da dove deriva il profitto delle opzioni?
Il profitto, sia nel caso dell’opzione call sia nel caso dell’opzione put, equivarrà alla differenza tra il prezzo di mercato e il prezzo d’esercizio. Con l’opzione call, l’investitore guadagna se il prezzo di mercato è superiore al prezzo di esercizio. Con l’opzione put, invece, l’investitore guadagna se il prezzo di mercato è più basso di quello di esercizio.