Cos’è una bolla speculativa e quali sono gli effetti

Guida alla finanza
Dalla “tulipomania” alle Dot.com, ecco le fasi che portano alla domanda crescente di un prodotto che fa impennare i prezzi, finendo per generare enormi perdite finanziarie.

Si chiama bolla azionaria e, proprio come quella di sapone, si gonfia fino a scoppiare. Si verifica in particolari fasi di mercato, durante le quali si assiste a un aumento considerevole dei prezzi dei titoli di un determinato settore, reputato innovativo o profittevole. L’impennata della domanda e l’aspettativa di rialzi futuri pompa i valori fino a renderli ingiustificati e insostenibili. Basta allora una notizia o un evento per fare da spillo alla bolla.

Lo scoppio della bolla azionaria

Quando l’euforia nei confronti di un determinato bene si esaurisce, eccoci però davanti allo scoppio della bolla. Le cause non sono solo relative ad una ridimensionata fiducia nei confronti del bene: possono anche riguardare il prezzo ormai eccessivo che rende sempre più difficile comprare, o anche la decisione degli investitori fare profitto sui titoli o beni acquistati in precedenza.

Un esempio è la “bolla delle Dot.com” scoppiata a metà Novanta, legata alla scoperta delle nuove tecnologie informatiche. Come ogni altra crisi generata da una bolla speculativa – spiega la Consob – la crisi del Dot.com si è sviluppata attraverso la classica sequenza:

  1. estrema fiducia da parte degli investitori nelle potenzialità di un prodotto/azienda
  2. crescita rapida del prezzo del prodotto
  3. evento che fa vacillare le aspettative di importanti guadagni
  4. elevati flussi di vendite
  5. crollo finale del prezzo del prodotto.

Questa sequenza di eventi si era osservata nel 1840 in occasione del boom delle ferrovie, nel 1920 per automobili e radio, nel 1950 rispetto ai transistor elettronici e nel 1980 per home computer e biotecnologie.

Come riconoscere una bolla azionaria

Non tutti gli aumenti dei prezzi o l’espansione di un settore sono bolle. Come fare allora per riconoscerla? Non è sempre semplice distinguerla da una crescita sostenibile. Tutte le bolle, però, hanno delle caratteristiche comuni: come detto, il fattore psicologico è decisivo. Gli investitori, trascinati dall’euforia o dal cosiddetto “effetto gregge”, assumono un comportamento irrazionale. 

Altro fattore da notare: la domanda e il prezzo del bene aumentano a livelli e con ritmi che non sono giustificati dai dati che caratterizzano l’attività aziendale, come utili, fatturato, tasso e potenzialità di crescita.

Lo scoppio di una bolla

Quando la spinta si esaurisce, eccoci davanti allo scoppio della bolla. Le cause possono essere diverse e combinate:

  • è possibile che i prezzi, ormai eccessivi, rendano più difficile comprare;
  • che gli investitori decidano di trarre profitto sui titoli o sui beni acquistati perché smettono di credere in un’ulteriore crescita;
  • che alcuni eventi (come risultati trimestrali, dati macro, decisioni delle Banche Centrali) ingenerino sfiducia. 

Anche in questa fase, l’irrazionalità è decisiva. Ma se la nascita della bolla è caratterizzata da euforia, lo scoppio è accompagnato dal panico. La paura innesca elevati flussi di vendite, che non fanno altro che accelerare il crollo dei prezzi, mettendo in ginocchio il settore di riferimento.  

Lo scoppio della bolla viene accusato, prima di tutto, dagli investitori esposti. Nel migliore dei casi, vendono per tempo, riuscendo a tamponare le perdite. Nel peggiore, perdono tutto o quasi. Le imprese che facevano affidamento sulla continua crescita delle vendite e dei valori azionari rischiano il fallimento. L’intero settore coinvolto nella bolla torna ai valori di mesi o anni prima, condizionando la crescita futura, anche a causa della sfiducia che si ingenera.  

Tre esempi (molto diversi) di bolla

Le bolle finanziarie hanno tutte alcune caratteristiche comuni. Ma colpiscono settori e innescano conseguenze anche molto diverse. 

Il caso di scuola che viene citato come il primo esempio di bolla speculativa riguarda il mercato dei tulipani, la cosiddetta “tulipomania”. Nella prima metà del Seicento, in Olanda, il prezzo dei tulipani crebbe fino a toccare livelli altissimi, il tutto a causa della speculazione messa in atto sui futuri tulipani. Il fiore diventò oggetto di sfida tra i nobili disposti a pagare prezzi sempre più elevati per possederlo. Lo schema, però, anche qui vide un crollo successivo dei prezzi dei fiori. E centinaia di investitori olandesi che avevano investito nel settore caddero in rovina.

Un altro esempio, molto più recente, riguarda la bolla Dot.com, cresciuta nella seconda metà degli anni ’90 e scoppiata all’inizio del millennio. L’ottimismo per la nascente economia digitale aveva spinto la quotazione e la capitalizzazione di decine di società. Alcune destinate a un grande futuro, altre con prezzi sproporzionati. Lo spillo della bolla è rappresentato, nel marzo del 2000, da una serie di risultati trimestrali negativi. È l’innesco che porta a un’ondata di vendite. Molte società falliscono, altre sono costrette a fondersi. Altre ancora, come gli attuali giganti della tecnologia, reggono, aspettando però anni prima di tornare alle valutazioni precedenti allo scoppio. 

La crisi globale del 2007-2009 è la dimostrazione di come una bolla possa avere ripercussioni sistemiche, ben al di là del settore nel quale matura e scoppia. Per i primi anni del millennio, i prezzi delle case negli Stati Uniti conoscono un’espansione enorme. La bolla viene nutrita (indirettamente) dai tassi bassi della Federal Reserve, che incentiva di fatto le famiglie a indebitarsi e le banche a concedere un mutuo. Quando la banca centrale statunitense stringe i cordoni, le rate aumentano, scoperchiando l’impatto dei mutui subprime (concessi nonostante l’elevato rischio insolvenza e “impacchettati” all’interno di altri prodotti finanziari classificati come a basso rischio). La bolla scoppia, i prezzi degli immobili crollano, le insolvenze lievitano, alcune delle principali banche americane falliscono perché troppo esposte. L’economia statunitense ne risente in maniera pesante, trascinando anche i Paesi con cui intesse relazioni commerciali strette.

Pictet AM Italia