Addio al segreto salariale: i motivi e gli impatti della direttiva europea

Mercati e investimenti
Annullare il gender pay gap, aumentare l’equità e rendere più trasparente il rapporto tra datore di lavoro e impiegati sono le principali ragioni della direttiva. Ma, nonostante i nobili motivi, ci sono anche dei rischi.

Il traguardo non è immediato, perché l’obbligo per l’Italia è recepire la direttiva UE 970/2023 entro il 7 giugno 2026. Ma è un grosso passo in avanti per “rafforzare l'applicazione del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore attraverso la trasparenza retributiva e i relativi meccanismi di applicazione”, come si legge nel testo ufficiale.

I nuovi diritti per i dipendenti

La svolta più importante riguarda, appunto, la trasparenza dei dati sulle retribuzioni, che entro tre anni tutti i dipendenti potranno richiedere al proprio datore di lavoro. Secondo la norma “i lavoratori hanno il diritto di richiedere e ricevere per iscritto […] informazioni sul loro livello retributivo individuale e sui livelli retributivi medi, ripartiti per sesso, delle categorie di lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore”. Ecco, in questa frase il focus centrale è proprio il genere, perché secondo gli esperti del settore, in Europa il gap salariale tra donne e uomini con lo stesso mestiere e lo stesso livello di anzianità può arrivare fino al 13%

E se i dipendenti si scordano di chiedere questi valori, il datore di lavoro sarà tenuto a ricordare almeno una volta l’anno a tutti i lavoratori il “loro diritto di ricevere le informazioni […] e le attività che il lavoratore deve intraprendere per esercitare tale diritto”.

Le nuove regole per chi si candida per un’offerta di lavoro

Sono diversi i punti elencati nella direttiva, a partire dalle nuove regole che le aziende devono seguire durante i colloqui di assunzione: “i candidati a un impiego hanno il diritto di ricevere, dal potenziale datore di lavoro, informazioni sulla retribuzione iniziale o sulla relativa fascia da attribuire alla posizione in questione, sulla base di criteri oggettivi e neutrali sotto il profilo del genere”. Un enorme passo avanti, se teniamo conto del fatto che, attualmente, solo il 4-5% delle offerte di lavoro contiene l’indicazione dello stipendio

Ma non finiscono qui le novità per chi sostiene un colloquio, perché con l’applicazione della direttiva “il datore di lavoro non può chiedere ai candidati informazioni sulle retribuzioni percepite negli attuali o nei precedenti rapporti di lavoro”.

Vantaggi e svantaggi delle nuove regole

Gli aspetti positivi che porterà l’applicazione della direttiva sono chiari: maggiore trasparenza, maggiore equità, maggiore equilibrio nel rapporto tra datore di lavoro e lavoratori e regole chiare per tutte e tutti.

Però c’è anche qualche possibile svantaggio, come hanno fatto notare alcuni analisti. Secondo una parte di osservatori, la disclosure sugli stipendi potrebbe portare a diverse cause dei lavoratori contro la propria azienda, se questa non dovesse aggiornare per tempo lo stipendio dei dipendenti mediamente sottopagati. E più cause legali significano più spese, più incertezza e tempi molto lunghi per le sentenze, oltre a rapporti deteriorati.

Secondo altri esperti, invece, i contenziosi non dovrebbero aumentare perché le aziende avrebbero tutto l’interesse a recepire la direttiva e sistemare i livelli salariali prima di ricevere contestazioni dei propri dipendenti, ma sarebbe maggiore il rischio di un appiattimento progressivo degli stipendi, un po’ come avvenuto negli anni nel settore pubblico. Con il tempo vedremo chi avrà ragione.