Chi si sta avvicinando al mondo degli investimenti si sarà imbattuto o si imbatterà sicuramente in alcune voci catalogate sotto il termine “securities”; si tratta di quelle obbligazioni riferite a titoli cartolarizzati che vengono vendute da istituti finanziari, governi o aziende, a compratori di tutto il mondo. Questi titoli sono denominati securities perché vengono creati a valle di un processo che si chiama appunto “securitization”.
Che cos’è il processo di cartolarizzazione?
Per comprendere appieno cosa sono le securities, dobbiamo fare un passo indietro e approfondire il meccanismo della cartolarizzazione. Parliamo di cartolarizzazione quando una banca di investimento accorpa diversi crediti o attività di privati, enti pubblici o aziende e li trasforma in un’obbligazione, che vende agli investitori tramite società veicolo create apposta per l’occasione chiamate SPV (Special Purpose Vehicle). Lo scopo della cartolarizzazione è trasformare attività non negoziabili - come i crediti - in titoli negoziabili. Un esempio di attività non negoziabile è un mutuo riscosso da un individuo presso una banca.
Per essere più precisi, la cartolarizzazione è un processo diviso in tre passaggi:
- La banca trasferisce i crediti dei propri clienti che vuole cartolarizzare in una SPV, in genere di sua proprietà;
- La SPV compra questi crediti, li accorpa e crea le securities, che vengono vendute sul mercato ad altri investitori;
- La banca, con il flusso di cassa generato dalla vendita delle securities, ripaga chi ha sottoscritto le obbligazioni stesse.
I vantaggi delle Securities
Il primo vantaggio per chi emette Securities è avere liquidità in tempi molto brevi, utile soprattutto per esigenze di investimento. Se, infatti, la banca emittente investe quanto ricavato dalle securities, può ottenere guadagni immediati con rischi contenuti; deve però prestare attenzione a non andare a creare un circolo vizioso, come accaduto con la crisi dei mutui subprime del 2007. Inoltre, dopo la vendita di questi titoli, la banca può concentrarsi sui processi di emissione del credito, senza la necessità di lavorare anche sul fronte degli incassi relativi alla clientela.
Il lato oscuro delle cartolarizzazioni: la crisi dei mutui subprime
Il caso della crisi dei subprime del 2007 è un esempio di un uso rischioso delle Securities e dei processi di cartolarizzazione. Negli anni 2000, negli USA, le banche avevano iniziato ad accorpare e cartolarizzare i mutui delle famiglie americane.
Questo meccanismo permetteva loro di vendere Securities e avere a disposizione in tempi brevi i crediti dei mutui, senza attendere i 10, 20 o 30 anni previsti per la riscossione. Grazie ai soldi incassati dalle securities, le banche mettevano sul mercato sempre più mutui, che venivano rilasciati con sempre meno garanzie, andando a creare un circolo vizioso: infatti, anche questi mutui venivano poi cartolarizzati e rivenduti. Grazie a queste cartolarizzazioni, le banche hanno generato molti altri prodotti finanziari complessi, scambiati su mercati non regolamentati. Al contempo, gli organi preposti al controllo non hanno sorvegliato a dovere.
Nel 2004, la Federal Reserve ha iniziato ad alzare progressivamente i tassi di interesse, dal momento che l’economia degli USA stava migliorando. Con l’aumento dei tassi di interesse sono inevitabilmente cresciuti anche i mutui; questo ha comportato un aumento del numero di insolvenze da parte di famiglie che non riuscivano più a pagare le rate, perché fattesi troppo care. Le banche si sono ritrovate, quindi, in una situazione complessa: da un lato vedevano aumentare le insolvenze e dall’altro il mercato immobiliare stava subendo un rallentamento. Questa situazione ha poi portato al conseguente scoppio della bolla immobiliare.
In questo contesto, le securities hanno perso progressivamente il proprio valore, mandando in fallimento le SPV e, di conseguenza, le banche che le avevano create. Ecco l’effetto a catena che ha portato alla crisi finanziaria del 2007, che tra le cause scatenanti vede proprio l’uso scorretto delle cartolarizzazioni.