Educazione finanziaria: Italia (e giovani) sempre più interessati

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L'alfabetizzazione finanziaria è ancora in ritardo, ma emerge – soprattutto tra under 40 e studenti – la voglia di migliorare le proprie competenze.
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L'educazione finanziaria in Italia deve recuperare un pesante ritardo nei confronti degli altri Paesi OCSE. Non è solo questione di competenze: il divario si traduce in un livello inferiore di inclusione e fiacca le prospettive di sviluppo sostenibile. Qualcosa però si muove, anche grazie all'intenso sforzo di istituzioni e privati, testimoniato dagli eventi promossi durante il mese dell’educazione finanziaria, organizzato dal comitato EduFin.

Nella convinzione che conoscere il problema sia fondamentale per risolverlo, Pictet Asset Management ha realizzato, in collaborazione con FINER Finance Explorer, la seconda edizione dell'Osservatorio Internazionale EduFin. L'indagine ha rivelato un Paese sempre più interessato ai temi economico-finanziari, individuando gli ostacoli che limitano l'alfabetizzazione e gli strumenti per superarli.

Cresce l'interesse sui temi economico-finanziari

L'interesse per i temi economico-finanziari è cresciuto in modo significativo rispetto al 2021. La quota degli italiani che si dice abbastanza o molto interessata è passata dal 76% all'82%. 

L'indagine conferma che l'interesse aumenta con l'entità del patrimonio (arriva al 98% per i patrimoni oltre i 500 mila euro), ma registra una sostanziosa crescita anche nelle categorie tradizionalmente meno vicine al mondo finanziario: si dimostra interessato il 70% dei non investitori (ben 20 punti percentuali in più rispetto allo scorso anno), il 72% degli studenti over 18 (con un balzo di 21 punti percentuali rispetto al 2021) e il 53% degli studenti delle scuole medie. Secondo l'analisi di Pictet AM e FINER, “il mutato contesto geopolitico, conseguenza dell’epidemia prima e del conflitto in Ucraina dopo, unitamente agli effetti su inflazione e instabilità economica, hanno contribuito in modo significativo a sensibilizzare anche i meno coinvolti”. 

Confermando quanto emerso nelle edizioni precedenti, gli uomini (al 90%) si dicono più interessati rispetto alle donne (69%), mentre la generazione più attenta ai temi finanziari resta quella dei boomer (molto o abbastanza interessanti al 93%). Segnali di crescita, però, arrivano da giovani e giovanissimi: l'interesse sfiora l'80% per la Generazione X, è al 61% per la Gen Y (i nati tra l'81 e il 1996) e al 52% per la Gen Z (i nati tra il '97 e il 2006).

Le conoscenze economico-finanziarie limitate sono confermate anche dall'autovalutazione degli italiani

Solo uno su tre afferma di avere una preparazione di livello avanzato o professionale. Il 34% ammette di avere un livello basso, sottolineando però di voler migliorare. Un segnale di consapevolezza e buona volontà che si avverte soprattutto tra gli studenti sotto i 18 anni: la quota di chi vorrebbe aumentare il proprio livello di preparazione arriva al 66%, praticamente il doppio della media nazionale. È un dato che fa ben sperare: il report ha infatti sottolineato come giovani e giovanissimi siano “motore dell'economia del futuro” e “principali indiziati per la rivoluzione culturale” che l'educazione finanziaria necessita.

Rispetto alla ricerca svolta nel 2021, quest'anno l'indagine si è allargata ad altri Paesi per compiere un confronto. Sia per quanto riguarda il grado d'interesse che per il livello di conoscenze, Francia e Germania sono allineate all'Italia, la Gran Bretagna è sopra la media, mentre la Spagna resta attardata.

Risparmi e progetti di vita: cosa spinge a migliorare

Dietro un generico “interesse” per i temi finanziari, ci possono essere priorità diverse, che variano con il patrimonio e (ancor di più) con l'età. Da questo punto di vista, l'indagine 2022 ha fatto emergere uno scarto rispetto a quella dello scorso anno. Nel 2021, infatti, la principale spinta per intraprendere un programma di alfabetizzazione o educazione finanziaria era il risparmio (indicato dal 31% degli intervistati). Quest'anno, invece, l'obiettivo principale è diventato “realizzare i propri progetti di vita”, con il 34% delle preferenze. Un cambio di prospettiva, anche se restano forti l'esigenza di risparmiare (29%) e quella di investire per mantenere o migliorare il proprio tenore di vita (25%). 

Se il risparmio è la priorità soprattutto per i patrimoni tra i 10 e i 50 mila euro e per gli under 18, migliorare le proprie competenze economico-finanziare per seguire i propri sogni è un obiettivo messo a fuoco soprattutto da donne (37% contro il 33% degli uomini, più propensi all'investimento), Generazione Y (37%) e Gen Z (39%). In generale, è possibile dire che si rafforza il desiderio di utilizzare l'educazione finanziaria per migliorare la propria vita, tramite risparmi, investimenti o progetti. Molto basso, soprattutto tra gli under 40, è invece l’interesse a conoscere il ruolo dei professionisti del settore e verso i temi percepiti come tecnici e distanti.

Comprensione e contenuti: gli ostacoli

Economia e finanza continuano a essere percepite come materie complesse (per un intervistato su quattro) e difficili da comprendere (per il 27% del campione). Al di là di uno zoccolo duro che afferma di non impegnarsi per mancanza di tempo (8%), emerge un altro tema: l'efficacia dei contenuti, che spesso non incontrano l'interesse né sono adeguati alla preparazione degli utenti.

Il 30% degli intervistati afferma, infatti, di non trovare contenuti o referenti adatti, cui si aggiunge un altro 10% che li trova troppo banali o troppo complessi. Questi dati evidenziano sì un ostacolo all'educazione finanziaria, ma hanno anche un risvolto positivo. La percezione di non trovare contenuti o referenti adeguati (che tra gli studenti supera il 40%) è una delle conseguenze di un interesse crescente. C'è quindi, soprattutto tra gli uomini e le Gen Y e Z, una domanda di contenuti nuova e solida, cui è necessario rispondere. Per accogliere chi si avvicina al mondo economico-finanziario, diventa allora fondamentale ripartire dalle basi, evitando il rischio di autoreferenzialità cui il settore, spesso, tende.

La mancanza o la scarsa qualità dei contenuti sono problemi ancora più sentiti in Francia, Germania e Gran Bretagna, mentre in Spagna – un po' come in Italia – spicca la difficoltà di comprensione.

Istituzioni, scuola, privati: a chi il compito di “educare”

Come sempre, in un percorso di educazione economico-finanziaria, è importante il tema della fiducia. A goderne sono soprattutto le istituzioni (31%), percepite come super partes. Seguono i commercialisti, quasi certamente perché incaricato di curare i propri interessi. Qualche passo indietro ci sono le società di gestione del risparmio e i consulenti finanziari, forse perché percepiti entrambi come più focalizzati sugli obiettivi delle mandanti e meno su quelli del cliente. È interessante notare, però, che la fiducia nei consulenti è più alta della media tra i 30-40enni, probabilmente grazie al lavoro che l’industria della consulenza e del risparmio gestito stanno facendo su questo pubblico, che rappresenta quello a maggior potenziale futuro.

Fiducia minima (sotto il 20%), invece, per banche e assicurazioni. Il risultato – sottolinea il rapporto – si spiega soprattutto alla luce di due fenomeni, che rappresentano altre “barriere alla crescita dell’educazione finanziaria” nel nostro Paese: la preferenza a tenere la liquidità sui conti correnti e la sotto-assicurazione (probabilmente per l’incapacità di valutare il rischio). 

Resta molto rilevante il ruolo di amici e parenti, ritenuti affidabili dal 39% degli intervistati, non tanto per la loro preparazione ma in quanto portatori di esperienze positive (in sostanza, il caro vecchio passaparola). Minore è la fiducia riposta nei blog indipendenti (9%) e negli influencer (17%). La considerazione di questi ultimi, però, supera il 20% tra gli studenti. In sostanza, i giovani si fidano più di blog e influencer che di banche e assicurazioni. Secondo l'indagine, questo fattore, “oltre a esporre al rischio di manipolazione/frode, ha un impatto negativo sull’immagine del settore finanziario”. Una deriva cui si può porre rimedio proprio con l'educazione finanziaria.

Chi dovrebbe promuoverla?

Come lo scorso anno, le risposte indicano – prima di tutto - Bankitalia-Consob (25%) e Stato (23%). Cresce però il ruolo dei docenti, sia universitari che delle scuole superiori: sono loro che più di tutti dovrebbero stimolare l'alfabetizzazione finanziaria per il 15% degli intervistati. Una quota che sale al 31% tra gli studenti under 18. I ragazzi e le ragazze si aspettano quindi che siano scuola e università - ancor prima di istituzioni, consulenti e banche – a farsi “educatori”. 

L'approccio a questo aspetto varia da Paese a Paese. Stato e regolatori sono in prima linea in Italia e Spagna. Francia e Germania spingono invece con maggior forza scuole e università, mentre – secondo i britannici – dovrebbero avere un ruolo cruciale i consulenti finanziari.

I canali preferiti: social network centrali

Tra i canali di apprendimento e confronto con gli esperti della materia, pare chiara una tendenza: i media e gli spazi tradizionali stanno perdendo terreno, a vantaggio di strumenti e ambienti online. Televisione o stampa sono il canale principale per il 25% degli italiani (erano al 32% lo scorso anno). Perdono due punti percentuali (dal 9 al 7%) anche i convegni. Crescono in modo massiccio, invece, i social network (dal 27 al 33%) e i webinar (dal 19 al 22%). Stabili, al 13%, i video tutorial. Emerge quindi – in Italia come all'estero - la centralità di WhatsApp, Facebook (popolare, come LinkedIn, soprattutto tra i più maturi) e Instagram, ma anche di Spotify. In Spagna conserva un peso superiore alla media la televisione, in Gran Bretagna i quotidiani, mentre i tedeschi apprezzano in particolar modo i video tutorial.

Quale che sia il canale di comunicazione, solo un terzo degli italiani (in linea con gli altri Paesi) riserva all'educazione finanziaria uno spazio in modo regolare e periodico. Molto spesso, invece, ci si informa solo in caso di eventi eccezionali. E questo spiega anche come mai l'interesse nei confronti dei temi economico-finanziari stia crescendo proprio durante la scia di crisi (tra le altre, quella energetica, inflativa, geopolitica, commerciale e sanitaria) in atto.