La correlazione tra la crescita esponenziale del COVID-19 e l’attuale contesto climatico del nostro Pianeta esiste ed è stata certificata da una ricerca dell’Università di Cambridge. Secondo lo studio pubblicato sulla rivista “Science of the Total Environment”, il surriscaldamento globale ha cambiato il clima delle foreste nella Cina del Sud, creando le condizioni perfette per la comparsa e la diffusione di nuove tipologie di Coronavirus.
Il cambiamento climatico e la diffusione del Coronavirus
Gli scienziati di Cambridge hanno studiato la vegetazione della provincia dello Yunnan, del Laos e del Myanmar, l’area nella quale è presumibilmente nato il Coronavirus che sta bloccando il mondo da oltre un anno. Dopo le analisi, hanno scoperto che l’aumento delle temperature, della luce solare e delle concentrazioni di anidride carbonica nell’atmosfera hanno modificato questi ambienti, rendendoli habitat perfetti per i pipistrelli. Il che ha portato, rispetto all’ultimo secolo, a una crescita del 40% delle specie di pipistrelli presenti nell’area. Questa alta densità abitativa dei pipistrelli, unita alla vicinanza con l’uomo e al famoso salto di specie che probabilmente ha coinvolto il pangolino, ha quindi portato al contagio da COVID-19.
Le migrazioni degli animali possono diffondere sempre più virus
Ma non è soltanto un tema legato ai Coronavirus, anzi. Il surriscaldamento globale sta mutando profondamente tantissimi equilibri naturali che si sono sedimentati per secoli e secoli, portando così alla migrazione di diverse specie animali come orsi polari, leopardi delle nevi, beluga. Non è certo una loro scelta, ma è l’unica possibilità di sopravvivenza che hanno. Ciò però li porta più spesso a contatto con l’uomo, permettendo in teoria a più virus di fare il salto di specie e contagiare gli esseri umani.
Entro il 2100 avremo un'estate di sei mesi
Un gruppo di scienziati provenienti da molti Paesi ha pubblicato uno studio allarmante sulla rivista scientifica “Geophysical Research Letters”: entro il 2100 il riscaldamento globale porterà la stagione calda a durare fino a sei mesi nell’emisfero settentrionale. Prendendo in esame il 25% delle estati più calde della storia e il 25% degli inverni più freddi, hanno scoperto che tra il 1952 e il 2011 l’estate è passata da 78 a 95 giorni, mentre l’inverno è sceso da 76 a 73 giorni, alterando di conseguenza le stagioni intermedie (primavera e autunno) e i relativi cicli naturali. Il modello statistico sottostante ha poi elaborato la previsione dei sei mesi di estate entro il 2100, con temperature che anche nell’emisfero boreale potrebbero arrivare a livelli desertici.
Il riscaldamento globale porta le zanzare e le zanzare portano nuovi virus
Oltre alla difficile vivibilità per l’uomo a causa del maggiore calore, questo surriscaldamento porterà anche una maggiore e più veloce circolazione delle infezioni, come ha spiegato il docente di oceanografia dell’Accademia Cinese delle Scienze Yupin Guan, tra i firmatari dello studio: “le zanzare tropicali che trasportano virus probabilmente si sposteranno verso nord, causando focolai esplosivi durante le estati sempre più calde”.