A giugno la politica monetaria della BCE si è (leggermente) discostata da quella della FED. Francoforte ha deciso di tagliare i tassi, mentre la Federal Reserve è rimasta ferma. L’Europa è tornata al centro delle cronache, con le elezioni e la conferma di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione UE. Sul fronte internazionale, il mese è stato contraddistinto dal G7 tenutosi in Italia e dal perpetrarsi delle tensioni, tra conflitti, sanzioni e reazioni.
La BCE taglia i tassi
Anticipato, previsto, arrivato: il taglio dei tassi d’interesse – ufficializzato il 6 giugno – segna un piccolo grande passo per la Banca Centrale Europea. Piccolo perché la riduzione è stata di 25 punti base, con il tasso sui depositi portato dal 4 al 3,75%, quello di riferimento dal 4,50 al 4,25% e quello sui prestiti marginali dal 4,75% al 4,50 per cento. Grande perché si tratta del primo taglio dal 2019. Dopo la politica monetaria restrittiva, inaugurata per raffreddare l’inflazione, e la fase di stasi, si cambia direzione. La BCE resta però cauta. Non si attendono altre sforbiciate a breve. Se da un lato c’è l’esigenza di sostenere una crescita economica anemica, dall’altro l’inflazione resta consistente, ancora oltre il 2%, indicato come livello ottimale da Francoforte.
La FED temporeggia
Se la BCE ha deciso di tagliare, la Federal Reserve ha deciso di aspettare. Tassi ancora fermi, come da un anno a questa parte. Il presidente dell’istituto Jerome Powell ha bilanciato la scelta con le sue parole: la FED taglierà quest’anno, anche se – secondo lo scenario attuale – solo una volta. Probabilmente, secondo i mercati, nella riunione di novembre. Come mai? Per la FED, l’inflazione è ancora troppo elevata. È in linea con quella europea. Ma se la BCE si trova a gestire una crescita asfittica (che spinge verso un allentamento), l’economia statunitense ha confermato i segnali di tenuta: il PIL 2024 dovrebbe registrare un progresso del 2,1% e il tasso di disoccupazione (al 4%) resta basso. In altre parole: è più urgente tenere a bada i prezzi che supportare la crescita economica.
Il rinnovo dei vertici UE
Dopo le elezioni europee (che hanno provocato anche scossoni interni, come nel caso della Francia) va delineandosi il prossimo Parlamento europeo. Il gruppo di maggioranza relativa è il Partito Popolare Europeo, seguito da Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici.
Nel frattempo, sono andati avanti i negoziati per indicare l’assetto dei futuri vertici europei, discussi tra i rappresentanti dei maggiori gruppi: Tusk e Mitsotakis per i Popolari, Scholz e Sánchez per i Socialisti, Macron e Rutte per i Liberali. Ursula von der Leyen sarà confermata alla guida della Commissione UE, ad António Costa andrà la presidenza del Consiglio Europeo e la estone Kaja Kallas sarà l’Alto rappresentante per la politica estera.
Il G7 in Italia
Dal 13 al 15 giugno, l’Italia ha ospitato il G7. La tre giorni di incontri – che ha coinvolto Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito e Stati Uniti – si è tenuta a Borgo Egnazia, nel comune di Fasano, in Puglia. Il summit, contraddistinto tra le altre cose dalla presenza di Papa Francesco, ha permesso di raggiungere alcuni accordi politici di massima. Il più importante è probabilmente quello sulla gestione degli asset russi congelati, da utilizzare per sostenere l’Ucraina. Entro l’anno, dovrebbe essere costituito un fondo con una dotazione di 50 miliardi di dollari. I Paesi del G7 si sono anche accordati sull’impegno di costituire un regime di “minimum tax globale”. Cioè un sistema di tassazione internazionale condiviso, che vieti alle grandi società internazionali di sfruttare fiscalmente le differenze dei singoli Stati.
Tensioni internazionali e veti incrociati
I conflitti non si fermano mai ai confini del fronte. L’invasione russa in Ucraina ha innescato una crisi energetica e inflazionistica. Oggi il problema sembra – in buona parte – rientrato, ma le ripercussioni non si sono fermate, sono solo più “fredde”. L’UE ha imposto sanzioni a 19 aziende cinesi, accusate di sostenere la guerra russa; Pechino ha formalmente protestato. L’Unione Europea ha inoltre bloccato l’attività di tre media russi sul territorio comunitario. Mosca ha replicato oscurando 81 testate di Paesi UE, non più raggiungibili da territorio russo.