Perché bisogna stare attenti quando si parla di speculazione

Se si guarda alla speculazione sui mercati finanziari, è importante conoscere pro e contro rispetto alle strategie di investimento tradizionali. E siamo sicuri di sapere a cosa andiamo incontro quando parliamo di bolla speculativa?

Il concetto di speculazione è talmente ampio e diversificato che può toccare molti aspetti delle nostre vite: si può parlare di speculazione edilizia, finanziaria, di speculazione sulle merci e molte altre tipologie. Tra i tre esempi citati, solamente la speculazione sulle merci si configura come reato perché, se viene accertata, significa che il commerciante in questione ha consegnato all’acquirente merce diversa da quella concordata nel contratto per origine, provenienza, qualità o quantità. Negli altri casi possiamo dibattere sui risvolti etici delle manovre speculative, ma non va tirato in mezzo il codice penale.

Cosa si intende per speculazione?

La speculazione può essere vista come un’operazione dalla quale si vuole ricavare un guadagno in breve tempo, sfruttando la differenza di valore del bene o del servizio in questione oggi e in futuro. Abbiamo una speculazione al rialzo quando si acquista oggi il bene e lo si vende a un prezzo maggiore, mentre si parla di speculazione ribassista quando si vende oggi un bene con l’obiettivo di riacquistarlo in futuro a un prezzo minore.

Se ci focalizziamo sulla speculazione finanziaria il concetto rimane invariato: è possibile speculare su qualsiasi asset finanziario al rialzo o al ribasso, sempre puntando al guadagno in base alle fluttuazioni dei prezzi nel breve o brevissimo termine.

La differenza tra speculazione finanziaria e investimento

Rispetto a una strategia di investimento standard, la speculazione è considerata ad alto rischio e appunto sul breve termine, mentre chi investe punta a fare aumentare i propri risparmi nel lungo termine, spesso con un profilo di rischio più contenuto.

Gli investimenti tradizionali, infatti, hanno il vantaggio di rispondere alle esigenze di tutti e, a seconda del tipo di investimento, possono presentare un rischio più contenuto e ben esplicitato rispetto alla speculazione, oltre a privilegiare tempi lunghi senza la necessità di monitorare ogni giorno l’andamento dei propri asset. Per contro, le note meno liete di chi investe sono la necessità di un capitale di partenza e le commissioni di intermediazione.

Se guardiamo invece agli speculatori, hanno lo svantaggio dell’alto rischio, della necessità di aggiornarsi quotidianamente (nei casi più estremi minuto per minuto) su come cambiano il sentiment dei mercati e gli scenari economico-finanziari e di uno stress molto elevato. I vantaggi riguardano invece le commissioni molto basse, l’ampia varietà di attività finanziarie su cui speculare e la leva finanziaria che permette anche a chi non ha capitali importanti di sfidare i mercati.

Il rischio maggiore: le bolle speculative

Se parliamo di speculazione non possiamo non citare le bolle speculative, che rappresentano un grosso rischio non solo per gli speculatori, ma per l’intero mercato e anche per l’economia reale. Abbiamo una bolla speculativa quando, a causa delle attività di speculazione, il prezzo di un bene continua ad aumentare in modo abnorme, allontanandosi sempre più dal reale valore di quel bene. Secondo gli esperti, la bolla speculativa è un’anomalia del mercato trainata da irrazionalità ed emotività negli operatori, che si espande a macchia d’olio fino a quando non è troppo tardi per recuperare, per poi finire con l’esplosione della bolla stessa. Ma vediamo un caso pratico.

La prima bolla speculativa della storia

Siamo nella seconda metà del 1500 e la Turchia inizia a esportare in Europa i bulbi di tulipani, trovando nei Paesi Bassi grandissimo apprezzamento, tanto che le varietà più particolari vennero in fretta considerate un gran lusso per borghesia e ricchi commercianti. La domanda di tulipani così superò l’offerta, perché i bulbi crescevano molto più lentamente della “mania” esplosa in tutta l’Olanda. Ciò portò a un’impennata dei prezzi, tanto che i bulbi di tulipani venivano visti come un investimento solido, perché qualche mese dopo averli acquistati, una volta sbocciati i fiori, il valore di mercato sarebbe stato ancora maggiore.

Arriviamo con questo nuovo settore in costante crescita fino al 1635, quando anche le classi meno facoltose entrarono nel mercato della contrattazione dei tulipani anche per speculare sulle specie più comuni. L’ulteriore effetto fu che si compravano i bulbi ancora nella terra firmando contratti che impegnavano l’acquirente a corrispondere al coltivatore una cifra già fissata per i suoi tulipani, dando vita, di fatto, ai primi futures della storia. A cascata, anche i fioristi e i commercianti negoziavano tra loro questi rudimentali contratti-futures, concatenando in modo non naturale tutti gli attori di questa curiosa storia e creando inconsapevolmente un enorme rischio collegato al più classico degli effetti-domino: se anche solo un anello della catena si fosse rivelato inadempiente, avrebbe fatto crollare tutto il castello di carte. E così andò, perché nel giro di pochi anni i prezzi dei tulipani erano totalmente sconnessi dalla realtà.

Siamo ora nella città olandese di Alkmaar ed è il 1637 quando un’asta porta centinaia di lotti di bulbi a valere 90.000 fiorini, circa 5 milioni di euro, per un valore di ogni bulbo pari allo stipendio di un muratore di un anno e mezzo. Un costo che chiaramente non è giustificato da alcun motivo. Pochi giorni dopo questa spesa folle, nella città di Haarlem un’asta di bulbi va deserta e si scatena il panico tra gli operatori: cercano tutti di vendere nello stesso momento, facendo crollare i prezzi in tutti i Paesi Bassi e facendo esplodere la bolla speculativa. Ecco i due fattori che abbiamo citato prima, emotività e irrazionalità, che si trovano ad affrontare la dura realtà. E la realtà vince sempre, con buona pace di chi pensa che speculare sia solo un gioco.

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