Spesso negli articoli e nelle analisi sui movimenti delle piazze finanziarie mondiali si può leggere di “umore del mercato”. Si tratta di scelte difficili da descrivere nell’immediato che vengono prese in poco tempo dagli operatori, sia umani che robot. Ma a bocce ferme si comprende il senso di queste decisioni. Ci sono però altri fattori che incidono sugli investimenti che è più facile tenere sott’occhio.
Fattori macroeconomici
Prodotto interno lordo, inflazione, tasso di occupazione, produzione industriale, propensione al consumo. Sono tutti indicatori che fotografano lo stato di salute dell’economia di un Paese attraverso i dati macroeconomici e influenzano in un senso o nell’altro anche le scelte degli investitori: se il clima è positivo è probabile che ci sarà una crescita economica e di conseguenza l’azionario sarà ambito, perché offre buoni rendimenti in tempi di espansione. Il discorso cambia invece se è in atto una recessione: in questo caso verranno privilegiati i beni rifugio come i metalli preziosi o i bond, perché ridurranno al minimo il rischio di perdite.
Le vicende politiche
Occhio anche alle vicende politiche, che possono cambiare le carte in tavola a prescindere dall’attuale salute economica di un Paese. La Brexit ne è un chiaro esempio: molti operatori di mercato avevano preso posizioni che privilegiavano lo status quo, salvo poi correre ai ripari una volta aperte le urne e decretata l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea.
L’importanza delle aspettative
A volte può capitare che, più che i buoni risultati operativi raggiunti, per un’azienda sia importante rispettare le aspettative per vedere il proprio titolo in verde. Le stime fatte dagli analisti assumono così una rilevanza fondamentale, perché quando una società pubblica il proprio bilancio semestrale può deludere le attese nonostante buone performance. E questo si traduce in azioni in discesa. Ci sono poi le valutazioni delle società di rating e i report delle banche di investimento. Nel primo caso, gli istituti assegnano un voto alla salute finanziaria di una compagnia, con ovvie ripercussioni sui mercati. Nel secondo viene fissato un target price (prezzo obiettivo) che le azioni dovrebbero avere in borsa e raccomandano tre possibilità: sell (vendere), hold (mantenere) o buy (comprare). Consigliano di vendere se prevedono che il calo nei successivi sei mesi supererà il 15% dell’attuale valore. Suggeriscono di mantenere se il valore rimarrà invariato o al massimo potremo assistere a un +5% e comprare se si attendono che il titolo vada oltre il +15% in un semestre.
Le variazioni dei tassi
Le Banche Centrali di ogni Paese indicano decidono di alzare o abbassare i tassi di interesse a seconda di come si attendono andrà l’economia. I titoli che più risentono di queste variazioni sono le obbligazioni a tasso fisso: se i tassi di interesse salgono si abbassa il prezzo, perché vengono venduti i titoli a basso rendimento per comprare quelli con rendimenti maggiori. Attenzione però anche alle ripercussioni sui tassi di interesse: se vengono ritoccati all’insù i tassi di interesse sui mutui, ci si attende che il settore edile reagirà negativamente, perché pagando tassi più alti le famiglie non saranno più incentivate a comprare case come prima.