Secondo dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO), negli ultimi trent’anni il mondo ha perso circa 178 milioni di ettari di copertura forestale, un’area pari al triplo della Francia. La deforestazione si è progressivamente aggravata a un ritmo che, dal 2010, si è attestato a circa 4,7 milioni di ettari l’anno, con perdite record soprattutto in uno dei principali «polmoni della Terra», ovvero l’Amazzonia.
La centralità delle foreste per la biodiversità e il clima
Le foreste coprono oggi il 31% della superficie terrestre del globo; in Europa occupano circa 140 milioni di ettari, un’area pari al 36% del territorio, in continua espansione grazie al rimboschimento e alla rigenerazione naturale. Anche in Italia, più di un terzo del territorio (36,7%) è ricoperto da foreste e questa percentuale è in costante crescita, con un balzo di quasi il 20% nell’ultimo decennio. A trainare l’espansione di boschi e foreste sono stati soprattutto i cambiamenti che a partire dal dopoguerra hanno portato a una progressiva migrazione dalle aree montane verso le città, con il conseguente abbandono di terreni che prima erano coltivati a uso agricolo.
Questi ecosistemi complessi ospitano la gran parte della biodiversità del pianeta: l’80% di anfibi, il 75% di uccelli e il 68% di specie di mammiferi. E data la loro capacità di assorbire grandi quantità di carbonio, svolgono un ruolo essenziale nella mitigazione del cambiamento climatico. La FAO ha stimato che lo stock totale di CO2 assorbito nelle foreste nel 2020 si aggira intorno ai 662 miliardi di tonnellate.
Eppure anche nelle foreste europee si colgono chiari segnali di vulnerabilità che – secondo gli studi – potrebbero mettere a rischio quasi il 60% della biomassa. I motivi sono strettamente collegati ai cambiamenti climatici che rendono maggiormente frequenti gli incendi, le tempeste di vento e l’arrivo di insetti dannosi.
Infatti, se l’aumento delle superfici forestali riguarda l’intera Europa e, con uno sguardo più globale, tutto l’emisfero settentrionale, nella fascia tropicale ed equatoriale del pianeta la deforestazione procede a ritmi allarmanti. In particolare nei tre principali bacini forestali dell’Amazzonia (Sud America), del Congo (Africa centrale) e del sud-est asiatico (Madagascar, Indonesia, Malesia).
La deforestazione in Amazzonia: una situazione allarmante
Il 2022 per l’Amazzonia è stato il quinto anno consecutivo di deforestazione record, il livello più alto degli ultimi 15 anni. Secondo i dati satellitari di Imazon, l’Istituto per l’uomo e l’ambiente dell’Amazzonia, nel 2022 la copertura vegetale dell’area ha perso 10.573 chilometri quadrati, equivalenti a quasi 3 mila campi da calcio al giorno.
Quello che è considerato uno dei «polmoni della Terra» sarebbe, ancora una volta, in pericolo. Negli ultimi quattro anni, la perdita di foreste in Amazzonia è stata di 35.193 chilometri quadrati.
Una situazione allarmante, sottolineata anche dal WWF, secondo cui le emissioni di carbonio della foresta superano ormai la sua capacità di assorbirlo e immagazzinarlo. Secondo uno studio dell’Istituto Nazionale per la Ricerca Spaziale del Brasile (INPE), pubblicato su Nature, l’Amazzonia sta «morendo» più di quanto cresce, con gravi conseguenze per decine di migliaia di persone e specie. Con il rischio che l’aumento delle temperature potrebbe anche spingere milioni di persone nella regione a diventare rifugiati climatici.
Di fronte a statistiche così negative, il nuovo presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva ha preso le distanze dalle politiche dell'amministrazione precedente, dando vita alle prime operazioni contro la deforestazione illegale. E la nuova ministra dell’Ambiente brasiliano Marina Silva, intervenuta in rappresentanza del proprio Paese al Forum di Davos, ha dichiarato che il Brasile “è tornato” per prendersi cura dell’Amazzonia e dare l’esempio dal punto di vista della salvaguardia dell’ambiente, invocando l’aiuto di altri Paesi, degli organismi internazionali e delle aziende, in una battaglia che riguarda tutto il pianeta.