Nel 2018, il premio Nobel per l’economia è andato a William Nordhaus, per i suoi studi sul rapporto tra crescita economica e cambiamenti climatici. Un fatto che dimostra quanto le tematiche ambientali siano diventate variabili fondamentali anche per gli economisti. I modelli di Nordhaus hanno permesso infatti l’analisi dettagliata dell’interazione tra attività economica e le emissioni di anidride carbonica, portando a formulare le previsioni che vengono poi usate nei summit mondiali dedicati all’ambiente.
L’ultimo report del think tank britannico Institute for Public Policy Research, “This is a crisis, facing up the age of environmental breakdown”, illustra come le conseguenze negative dei cambiamenti climatici possano avere un impatto significativo anche sul sistema sociale ed economico, sia a livello locale che a livello globale. Il report mostra come i fenomeni atmosferici estremi, dalle siccità alle alluvioni, possano minare la stabilità dei sistemi economici, sociali e politici anche in maniera più dirompente della crisi finanziaria del 2008. Basta prendere come esempio il settore agricolo: la distruzione di coltivazioni e nutrimento per gli animali avrebbe conseguenze prima sulla filiera produttiva, con grosse perdite di posti di lavoro, poi sulla stessa alimentazione umana. Le Nazioni Unite hanno stimato che già oggi il deterioramento del suolo e la conseguente perdita di biodiversità hanno influito sulla vita di 3,2 miliardi di persone. Un altro esempio è il settore turistico, sicuramente influenzato dal surriscaldamento globale, ma anche dall’aumento medio del livello del mare.
Non solo. Il cambiamento climatico determina anche l’acuirsi di criticità in termini di giustizia sociale e internazionale. La metà più povera della popolazione mondiale contribuisce solo al 10% delle emissioni, mentre il 10% più ricco è responsabile del 50%. I Paesi più poveri sono sottoposti quindi a uno stress maggiore e lo stesso vale per i gruppi più vulnerabili della società, sia in termini di salute che di impatto economico. C’è di più. Anche all’interno dei Paesi più ricchi il 10% della popolazione più ricca contribuisce molto più del resto della popolazione alle emissioni di gas serra. Le problematiche ambientali impattano quindi sulle disuguaglianze di classe, etnia e genere, scavando ancora di più i divari esistenti e creandone anche nuovi. E i Paesi più esposti ai fenomeni atmosferici estremi sono anche quelli meno coperti dai servizi assicurativi: il 99% dei danni economici causati dai disastri naturali nei Paesi più vulnerabili non ha una copertura assicurativa.
La stima a cui ad oggi giungono molti ricercatori è di un costo sociale di 418 dollari per tonnellata di CO2 emessa, in un intervallo di valori che può variare da 177 dollari a 805 dollari. A seconda del Paese in cui si vive e della classe sociale di appartenenza.