Dopo anni di politica monetaria espansiva, tutti - investitori, imprese e cittadini – hanno vissuto in prima persona gli effetti di una stretta. L’aumento dei tassi si è fatto sentire sui prestiti, sulle rate dei mutui, sui rendimenti dei prodotti finanziari. E così, l’attenzione di addetti ai lavori (e non) si è concentrata negli ultimi mesi sulle mosse delle Banche Centrali. Per comprenderle, può essere utile fare chiarezza su due concetti, connessi tra loro: il tasso neutrale e il tasso terminale.
Cos’è il tasso neutrale?
I tassi d’interesse sono uno strumento che funziona un po’ come un domino: innescano conseguenze non del tutto prevedibili. Ogni scelta ha dei pro e dei contro, più o meno pressanti a seconda dello scenario.
Un rialzo (come quello osservato nell’ultimo anno) tenderà a raffreddare l’inflazione, che BCE e FED puntano a stabilizzare attorno al 2%. Il rischio è però quello di indebolire eccessivamente la domanda e, di conseguenza, frenare la crescita economica.
Ridurre o tenere i tassi bassi, al contrario, rappresenta un supporto per i consumi e le imprese e tende a sostenere il PIL. Rischia però di portare a un’inflazione eccessiva.
È tutta una questione di equilibrio, basato non solo sulle decisioni attuali delle Banche Centrali ma anche su quelle attese. Il tasso neutrale si può quindi definire come il livello di perfetto equilibrio,ovvero quello che non limita né stimola la crescita economica.
Tra teoria e pratica
Il tasso neutrale rappresenta un riferimento per chi osserva e studia la politica monetaria, sia nel lungo che nel breve termine. In condizioni di difficoltà economica, l’ideale sarebbe mantenersi al di sotto del tasso neutrale. Quando l’inflazionepeggiora, invece, si deve oltrepassare quella soglia.
Fin qui la teoria. Nella pratica, come detto, la politica monetaria è un domino che si muove all’interno di scenari complessi e sempre diversi. Il tasso neutrale, quindi, non è fisso ma cambia in continuazione. Non ci sono metodi precisi per determinarlo e, di fatto, non si ha la certezza che sia davvero neutrale fino a quando non è raggiunto. C’è quindi un’indefinitezza di fondo che induce i più critici a dare scarso credito al concetto di tasso neutrale.E la ragione è molto semplice: non esisterebbe un punto di equilibrio perfetto.
Il tasso terminale
Il tasso neutrale è collegato, indirettamente, al tasso terminale. Quest’ultimo si può definire come il tasso oltre il quale una Banca Centrale non effettuerà ulteriori aumenti. Se il tasso neutrale è il punto di equilibrio, il tasso terminale è il tetto da non sforare, ossia l’apice atteso di un ciclo di stretta monetaria, raggiunto il quale si può invertire la rotta oppure mantenere i tassi invariati per un certo periodo.