La lotta contro il cambiamento climatico sta prendendo slancio sia tra i governi che tra i consumatori: gli obiettivi di azzeramento delle emissioni interessano ora il 92% del PIL globale. Tuttavia, questi impegni non possono essere soddisfatti solo modificando i propri atteggiamenti. Molto dipenderà anche dallo sviluppo di nuove tecnologie e dall'implementazione di quelle esistenti, la cui adozione, però, si sta dimostrando problematica. Attualmente la penetrazione delle tecnologie pulite è troppo bassa.
Tuttavia, non mancano i motivi di ottimismo. L'Agenzia Internazionale dell'Energia stima che la maggior parte delle tecnologie pulite necessarie per raggiungere gli impegni Net Zero globali entro il 2030 sia già pronta a essere commercializzata. Inoltre, si prevede che la dimensione del mercato delle tecnologie ambientali passerà da 4.900 miliardi di dollari nel 2020 a 12.100 miliardi di dollari entro il 2030.
Tuttavia, per raggiungere il loro pieno potenziale, queste tecnologie hanno ancora bisogno di investimenti significativi. Climate Policy Initiative calcola che per raggiungere gli obiettivi climatici mondiali dichiarati entro il 2030, il finanziamento deve aumentare almeno del 590%.
Si tratta di un obiettivo impegnativo, ma rappresenta un'opportunità potenzialmente gratificante per gli investitori.
Investire nella transizione
A nostro avviso, le aree chiave in cui questo investimento può avere l'effetto maggiore sono cinque:
- Riduzione dei gas serra: batterie e stoccaggio; efficienza energetica; tecnologie a basso/zero contenuto di carbonio e di rimozione del carbonio; tecnologie e servizi per le energie rinnovabili.
- Consumo sostenibile: tecnologie agricole; sicurezza alimentare; ottimizzazione della catena di approvvigionamento; tecnologia alimentare.
- Controllo dell'inquinamento: qualità dell'acqua; qualità dell'aria; conservazione del suolo; trattamento dei rifiuti.
- Economia circolare: sharing economy; riciclo; efficienza delle risorse; materiali bio-based.
- Tecnologie abilitanti: sensori e acquisizione dei dati; catena del valore dei semiconduttori; software per la progettazione e il controllo; chimica green.
Queste soluzioni stanno già attirando l'interesse degli investitori e riteniamo che l'opportunità sia particolarmente interessante nell'ambito dei mercati privati, anche perché le aziende non quotate sono all'avanguardia in queste tecnologie. A livello globale, il numero totale di aziende private in ambito ambientale con una valutazione superiore a 1 miliardo di dollari (gli "unicorni") è aumentato di 14 volte dal 2017. A paragone, il numero totale di "unicorni" è aumentato solo di quattro volte nello stesso periodo.
Un tale boom delle valutazioni non sorprende, dato che le aziende non quotate stanno diventando leader in molte aree della tecnologia ambientale. A maggio, ad esempio, un'azienda privata europea ha stabilito il record di efficienza nella conversione dei raggi solari in elettricità attraverso pannelli di dimensioni commerciali. Tra le aziende non quotate si collocano anche alcuni dei maggiori attori della catena del valore dei veicoli elettrici, nonché i leader nel riciclo delle batterie agli ioni di litio. Chi ha investito in aziende operanti in questi settori ha potuto godere di rendimenti solidi.
L'approccio di coinvestimento
Naturalmente, investire in società non quotate non è esente da rischi, in particolare nel settore delle tecnologie ambientali, dove governi e autorità di regolamentazione svolgono un ruolo enorme nel plasmare lo scenario della competizione.
Tuttavia, esiste un'area all'interno del private equity (PE) che offre agli investitori un certo grado di protezione da tali rischi: i coinvestimenti. Attraverso questa struttura, i gestori del PE (noti come general partner, GP) offrono a investitori selezionati (limited partner, LP) l'opportunità di investire direttamente in una specifica transazione insieme a loro.
Negli ultimi due decenni, i fondi di coinvestimento hanno raccolto oltre 175 miliardi di dollari. Prevediamo che i coinvestimenti aumentino di pari passo con l'espansione del PE.
Per i GP, il vantaggio principale del coinvestimento è la possibilità di investire maggiormente nelle aziende che ritengono interessanti (i GP sono spesso soggetti a "restrizioni della concentrazione", vale a dire che esiste un limite alla quantità di capitale investibile in un'unica azienda).
Per gli LP, invece, uno dei principali vantaggi del coinvestimento è l'accesso diretto ad aziende private di alta qualità. Piuttosto che investire in centinaia di aziende tramite un fondo di fondi, una strategia di coinvestimento è molto più mirata (solitamente in 25-30 società), mantenendo al contempo una diversificazione adeguata tra GP, Paesi e settori.
Un altro vantaggio è il fatto che i coinvestimenti vengono implementati molto più rapidamente (di solito in due o tre anni) rispetto ai tradizionali fondi di fondi PE, che possono richiedere da sei a sette anni per arrivare a essere investiti completamente. L'implementazione precoce può contribuire a mitigare il problema dall'andamento della "J-curve", la curva che rappresenta la tendenza degli investimenti PE a riportare perdite di capitale nei primi anni di vita prima di generare utili. Ciò è confermato dalla nostra esperienza di 30 anni di coinvestimento in Pictet.
Per finire, il rendimento netto è potenziato dal fatto che i GP offrono solitamente coinvestimenti senza le consuete commissioni di gestione (1,5-2,0%) e di performance (20%). Un dato significativo per un'asset class che di solito impone commissioni considerevolmente più elevate rispetto alle attività quotate.
Siamo quindi del parere che il coinvestimento possa essere una strada interessante per investire nei mercati privati in generale e nei pionieri ambientali in particolare.
Motivi di ottimismo
Finanziando l'innovazione nel settore privato, gli investitori giocheranno un ruolo importante nel porre l'economia mondiale su basi sostenibili.
La storia lo testimonia.
Quarant'anni fa, una delle principali preoccupazioni ambientali era l'allargamento del buco nello strato di ozono. L'attivismo su questo tema portò al Protocollo di Montreal del 1989 sull'eliminazione graduale delle sostanze che danneggiavano l'ozono, come i clorofluorocarburi (CFC), e successivamente al più ampio Protocollo di Kyoto, nel 1997. Le aziende, sostenute dagli investitori, hanno sviluppato una serie di alternative ai CFC.
Dei nove limiti planetari, i livelli di ozono nella stratosfera sono oggi uno dei pochi che l'umanità non ha violato.
L'innovazione tecnologica, sostenuta dalla finanza privata, può contribuire a ripristinare il pianeta e a fornire solidi rendimenti.
L'innovazione tecnologica, sostenuta dalla finanza privata, può contribuire a ripristinare il pianeta e a fornire solidi rendimenti.