Alla fine di luglio la Federal Reserve è tornata a parlare di tassi d'interesse. Come previsto, dopo il ritocco di giugno, non c'è stato un nuovo rialzo. La Banca centrale americana ha comunque indicato, pur nel solito (cauto) vocabolario istituzionale, la probabile evoluzione futura. Un freno a un ulteriore rallentamento delle politiche espansive è ormai dato per scontato. Resta da decidere con quali tempistiche. Nei prossimi mesi, quindi, si continuerà a parlare di Federal Reserve. Con la possibilità di incontrare questi termini.
FOMC
È un acronimo che sta per Federal Open Market Committee. È l'organismo interno alla Federal Reserve che determina (secondo traduzione) le operazioni su “mercato aperto”. È, in sostanza, il comitato che delinea la politica monetaria statunitense, alzando, abbassando o lasciando invariata l'asticella dei tassi d'interesse. Federal funds rate È il tasso d'interesse a brevissimo termine (overnight) utilizzato nei prestiti tra banche statunitensi. È determinato dal mercato, ma condizionato dal tasso di riferimento indicato dal FOMC. Un rialzo rende più costosi i prestiti e, di conseguenza, tende a rallentare la circolazione della liquidità.
Quantitative tightening
Negli ultimi anni, sia in Europa che negli Stati Uniti, è stato più consueto parlare di Quatitative Easing. Negli ultimi mesi si sta invece facendo strada l'espressione opposta: “Quantitative tightening”. Indica l'insieme di scelte (in tema di tassi e acquisti di titoli di stato) che una banca centrale mette in campo per operare una stretta monetaria. Nel caso della Fed, più che di una “stretta” si tratta di un “rallentamento” delle politiche espansive precedentemente adottate. Si parla quindi di “tapering”, cioè di “attenuazione”.
Punti base
Il punto base (in inglese “basis point”) è la centesima parte di un punto percentuale. A giugno la Fed ha ritoccato i tassi di 25 punti base, cioè dello 0,25%. Si tratta di una correzione contenuta. Che però indica ai mercati la direzione che la Fed intende intraprendere.
Inflazione ed espansione
In un'ultima analisi sono questi i fattori che una banca centrale deve valutare per pesare le proprie politiche monetarie. Fasi di crisi economica (accompagnate da disoccupazione e scarsa inflazione) richiedono misure che incoraggino la circolazione della liquidità. Quando invece l'economia è in crescita (in espansione), il rischio non sta in una frenata ma in una eccessiva inflazione, che la banca centrale tenta di scongiurare intervenendo sui tassi e (quando presenti) programmi di acquisto di titoli di Stato. È anche una questione di tempismo: una stretta prematura potrebbe compromettere la ripresa. Un intervento tardivo potrebbe non bastare a quietare la crescita dei prezzi (e la diminuzione del potere d'acquisto).
Normalizzazione del bilancio
La normalizzazione del bilancio (e della politica monetaria) è un altro termine che indica il rallentamento del programma di acquisti di titoli di Stato. Il Quantitative easing ha infatti portato il bilancio della Fed a espandersi. Il processo verso la normalizzazione avverrà, secondo quando dichiarato dal FOMC, “gradualmente” ma “relativamente presto”. Anche se non è più scontato che avverrà a dicembre (come affermato a giugno). La scelta dipenderà infatti dai dati dell'economia Usa nei prossimi mesi. Più saranno positivi e più la normalizzazione sarà rapida.